curiosità stroriche padovane  1°

VIA GIOVANNI BERTACCHI

Via Facciolati e quel lungo viale alberato che da Pontecorvo va dritto a Voltabarozzo. A meta di esso c'e un incrocio con semaioro che, a destra per chi venga dal centro, conduce alla Chiesa di Cristo Re, a sinistra col nome di via Perin giunge alla via Canestrini.

Sulla destra di via Perin, venendo dal semaforo, si apre un viale nuovo che si intitola al poeta Giovanni Bertacchi, professore di letteratura italiana per un ventennio nella nostra Università.

Quest'uomo, anche prescindendo dai suoi meriti di poeta e d'insegnante, fu un raro esempio di coerenza e di onesta spirituale in un paese dove i II furbi») e i « tempisti )) ...abbondano forse troppo.

Ben fece Padova a ricordarlo, come del resto lo ricordano Chiavenna sua città natale e Sondrio, capoluogo della sua provincia, che gli intitolo la piazza della Stazione.

Chiavenna, dove egli è anche sepolto, ha un bel busto di bronzo sulla sua tomba, gli ha dedicata la piazza più importante e una lapide sulla casa dove nacque. Eccola:

« Nacque e visse
in questa casa
Giovanni Bertacchi
poeta della sua terra
 poeta d'ltalia
precursore nei canti
di una più vasta umanità
affratellata e redenta
1869 -1942
A ricordo ed auspicio
il Comune di Chiavenna
pose 24 Novembre 1945».

Di lui a Padova, esclusa la strada e la scuola che ora portano il suo nome, abbiamo, eh'io mi sappia, poco o nulla. Vale la pena dunque di ricordare che la scritta intorno al monumento dei Caduti a Piove di Sacco fu dettata dal Bertacchi.

Ecco Ie sue parole:

« Presenti come l'amore
Nelle anime di tutti i fratelli
Profondi come la fede
Nelle eredita della stirpe
Come la speranza librati
In vista delle età che verranno».

Per una curiosa e bella coincidenza la via Giovanni Bertacchi, colIa sua alberatura di robinie, con le case dell'Ina, abitate da gente tranquilla e laboriosa, con la bianca scuola elementare, che si intitola anch' essa al suo nome, con la nuova chiesa parrocchiale di San Paolo, sembra, per cosi dire, una manifestazione della spirito del poeta. Se egli avesse dovuto immaginare o scegliere una strada cara alla sua anima d'uomo di umile origine, che conservò sempre I'amore per la gente modesta e laboriosa come lui, credo che avrebbe scelto proprio questa via, anche per i colori vivaci del verde e delle case, vivaci ma senza contrasti violenti.

Pare che da un momento all'altro egli deva comparire sotto le robinie, con la sua figura dimessa e niente affatto austera o « importante» magari ripetendo Ira se, lungo questa via tranquilla, uno di quei suoi canti che non meritano il quasi totale oblio in cui Ii tiene la critica odierna.
Forse egli ci direbbe sommessamente: II « nulla d'oro.

« Quando, bimbo, io piangeva, uno Ira i baci
mi chetava cosi; -Bimbo, se taci .....
(ed io l'occhio figgea credulo, intento,
quasi vedendo un magico tesoro)
..... ti darento un bel nulla, un nulla d'oro
                                rilegato in argento!
Da quegli anni remoti i giorni miei
Che furon essi? Vita mia, che sei?
Assopir nell'inganno ogni tormento,
fissare il sogno a non so qual tesoro,
e aspettare, aspettare il nulla d'oro,
                              rilegato in argento »

II « nulla d'oro » egli non I'ha inventato. Ancor oggi le mamme della Valtellina promettono scherzosamente un « nigotin d'or», cioè un piccolo nulla d'oro, per acquietare i loro bambini. L'ispirazione del breve canto e semplice, schietta. Nuoce una certa aulicità che spunta in qualche parola (« chetava », « figgea »), rna anche tale debolezza e commovente sul piano sentimentale per chi conobbe il poeta. Gli sarebbe parso mancar di rispetto alla (( Poesia )), al (( Lettore », se avesse adoperato, scrivendo, il suo semplice linguaggio d 'ogni giorno. Del resto era questo il vezzo del tempo (si pensi al Carducci, a D'Annunzio, a Pascoli qualche volta).

Questi versi sono del 1904. Aveva 35 anni, rna Ia sua anima era triste. Non era un bell'uomo e forse per questo non si formò mai una famiglia, pur avendo il cuore traboccante d 'affetto, che egli sapeva peri> riversare su amici e discepoli, sull'Italia, sull'umanità. Mai si udiva dalla sua bocca una parola irosa, cattiva, superba.

Non fu tuttavia un debole e In sua volontà era ferma. quand'era necessario, ma senza ostentazione o smargiassate. Un vero Maestro.

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Ignazio Sommer (Merzio)